Massimo Carlotto e Marco Videtta - Nordest
Opinioni contrastanti su Anobi per questo bel noir scritto a quattro mani da Massimo Carlotto e Marco Videtta. Qualcuno dice che si capisce fin dall'inizio chi è l'assassino. Qualcuno dice che questo ne preclude la buona riuscita. Se devo essere sincera io credo che sia un ottimo romanzo, maturo, studiato e perfettamente riuscito. Ogni vicenda si incastra per bene, ogni sentimento viene descritto senza nefandezza, il clima sociale viene percepito appieno (anche se forse leggermente osannato), e la trama non è affatto scontata, o almeno, per quel che mi riguarda, non mi è stato così semplice capire chi fosse il colpevole fino alla fine (ma forse ho letto troppi pochi gialli, non lo so). Ma, anche se così fosse, un romanzo è fatto di tante cose e la sua storia non ne è necessariamente il cardine. L'influenza di Marco Videtta è abbastanza palese. Carlotto ha una scrittura più ingenua, artistica se vogliamo. E' uno scrittore che si lascia andare e che predilige "il getto" all'architettura. E' per questo che mi piace molto. Ma qui la scrittura si fa una sola perché il romanzo prende un corpo tutto speciale e diventa così un Signor Romanzo.
Siamo a Trieste, non proprio il cuore del Nord Est, ma una città sicuramente "Est", anche se forse imparagonabile a tutte le vicine venete o friulane. I protagonisti sono "le famiglie", cioè la Trieste bene, quella che conta, quella inviolabile, quella che "tutto può". Genitori che sono padroni della zona, figli che lo sono soltanto di nome, perché spesso i rampolli delle grandi famiglie non sono all'altezza, non reggono la situazione. Ed ecco che emerge Francesco, figlio dell'avvocato più famoso della città e protagonista della vicenda, completamente sottomesso da un padre intelligente e calcolatore; o Filippo, figlio di una contessa autoritaria che lo ha reso praticamente un vegetale, inibendolo in ogni sua iniziativa o desiderio; e ancora Lucio, un ragazzino che per sfuggire alle sue tragedie familiari si lascia andare ai piccoli furti e alla droga. Francesco è fidanzato con Giovanna, anch'ella di ottima famiglia, e i due si stanno per sposare. Giovanna però ha un'amante, si sente in colpa, e prima di fare il grande passo vuole dire tutta la verità a Francesco, per mettersi l'anima in pace e poterlo sposare senza rammarichi. Arrabbiata, lo comunica al suo amante che, distrutto e disperato, la uccide. Tutto il resto della storia è incentrato sull'assassinio di Giovanna e Francesco non si capacita proprio del tradimento. I poteri politici di tutti i genitori escono fuori pian piano, fino a intrecciarsi in inganni di diverso tipo, che abbracciano gli affetti, il lavoro, il sociale, diventando simboli di corruzione dettata soltanto dalla fama di gloria e potere.
Un noir che diventa nero piano piano, che lascia il tempo di far credere che non lo è, ma che poi esplode nelle ultime pagine, in tutto il suo amaro abbaglio.
Un Carlotto forse troppo di parte, non posso pensare che tutte le famiglie "bene" del Nord Est siano così, io ci sono cresciuta in questi luoghi. Ma sicuramente esistono simili realtà, in cui l'aspetto sociale è la cosa più importante del mondo, cascasse appunto il mondo, portasse tutto a distruzione, non c'è storia, o così o pomì. E gli affetti allora, cosa sono? Cosa comportano? Contano ancora qualcosa? Certo, quando si parla di ecomafia, di corruzione, di frode, di delitti, gli affetti sono ancora più importanti della salvaguardia della propria anima?
4 commenti:
Mi è piaciuto tanto questo libro! E l'ho anche regalato a un amico!
Carlotto è uno dei nostri migliori scrittori, è di parte (come si fa a non essere di parte? ... lo si è anche senza volerlo), ha delle idee, e quando scrive queste diventano azione. In Italia sono pochi gli scrittori come lui, da sempre.
Carlotto mi piace molto, e capisco perfettamente che sia di parte. Naturalmente questo rappresenta una certezza, se si ha voglia di Carlotto lo si trova sempre nei suoi libri. Quello che volevo semplicemente dire è che, pur comprendendo, è importante non restare ancorati al proprio passato per non rimanere, per così dire, ciechi, e vedere il male ovunque, insomma :)
Concordo sul fatto che il male non sia tutto da una parte, un po' meno sui discorsi di rimanere ancorati al passato: se le idee sono giuste, lo sono ieri come oggi, e certo nuovismo in molti settori a volte è più vecchio del vecchio ... poi, su Carlotto che rappresenti una certezza, siamo in sintonia. Anche a me piace molto ;)
Posta un commento