Intervista a Luca Rota, autore del romanzo "La mia ragazza quasi perfetta"


Un ringraziamento speciale a Luca Rota, che si è prestato a fare da cavia per la prima intervista del blog! Un grosso in bocca al lupo per il suo nuovo romanzo "Cercasi la mia ragazza disperatamente", che abbia tutto il successo che merita!

INTERVISTA A LUCA ROTA - Novembre 2011

La prima cosa che mi ha colpito del libro di Luca Rota "La mia ragazza quasi perfetta" è stata la copertina.
E la prima cosa che mi è venuta in mente, potendo chiederla a lui, è stata: chissà se immagina davvero la sua ragazza "perfetta" così, come è stata disegnata da Vittorio Montipò, ovvero snella, fianchi stretti, prosperosa, occhialetti da professorina, i-pod e capelli ricci legati.




A dire il vero, più che a un mio ideale di bellezza mi sono ispirato a una sorta di collage di ideali di bellezza comuni – e intendo moooolto comuni, nazional-popolari se così si può dire. Dovevo creare un personaggio femminile che fosse il più possibile considerato dai lettori un esempio di ovvia avvenenza, dunque la sua creazione è stata meramente statistica, considerando anche che, come sempre, non è bello ciò che è bello ma ciò che piace... Poi Vittorio Montipò ha goduto di una certa libertà di interpretazione di quanto e come ho scritto del personaggio: nella copertina la “mia” Miasmine è diventata la “sua” e in fondo, proprio per la genesi “statistica” di cui ho appena detto, il lavoro che ha svolto è stato assolutamente consono alla stessa.

Il tuo romanzo è molto particolare. La storia, talmente surreale da non crederci, sembra quasi sconvolgere nei primi passi di lettura. 
All'apparenza superficiale, si rivela poi di grande profondità. Come ti è venuta in mente questa strana "malattia"?

Come mi è venuta in mente? Ehm, girando per le strade... Ma, osservazioni di natura sociologico-igienica a parte (aehm...), è evidente che la società contemporanea cerchi sempre di imporre dei modelli di “perfezione” più o meno assoluta quali esempi da seguire per potersi considerare parte attiva della società stessa, e non venirne in qualche modo emarginati. Tuttavia è altrettanto evidente come la perfezione assoluta non esista, ed ancor più come quella ritenuta tale e così imposta spesso sia, in verità, un mero velo meraviglioso coprente imperfezioni di ogni genere e valore: estetico, sociale, morale, etico... E la malattia di cui soffre la protagonista è proprio la dimostrazione – nel suo caso in senso positivo, ma di valore comunque generale – che non è tutto oro quello che luccica, che probabilmente ciò che viene ritenuto perfetto ha pure esso in realtà i suoi bei difetti, e che la perfezione in sé non è forse uno stato così appetibile, essendo in fondo un apice, un punto finale oltre il quale non si può andare e dunque, inevitabilmente, dal quale non si può che tornare indietro, ovvero peggiorare.
Dici bene poi, la storia è surreale, e non a caso: come già per il surrealismo artistico, ho cercato di utilizzare la peculiarità surreale della narrazione proprio per andare oltre la realtà ordinaria, ovvero oltre quella imposta e accettata dalla maggioranza come “norma vigente”, per dare un diverso punto di vista sulle vicende narrate e sulle questioni affrontate, magari (se sono riuscito) mettendo in luce fatti spesso non troppo considerati, con in più il valore aggiunto della risata, capace di aprire l’animo e predisporlo ad una maggiore perspicacia sulle questione suddette.

La tua scrittura è semplice ma coinvolgente. Incuriosisce, è ben scritta e fa venire voglia di un sequel (che è arrivato, no?). I frammenti che la spezzano, anch'essi dalle fattezze surreali, ti sono stati ispirati dalla vita reale oppure soltanto da quella immaginativa?
Credi anche tu negli UFO, nei cani che parlano, nelle capre espiatorie?

Beh, mi sono ormai reso conto da tempo di una cosa peraltro non così ardua da comprendere, ovvero che la realtà, la vita reale, molto spesso supera pure la più sfrenata fantasia e immaginazione. Non c’è quasi bisogno che la fantasia si inventi nuove realtà, semmai avviene il processo opposto, e su una realtà “reale” la fantasia ricama sopra altro, sovente soltanto parodiando più o meno pesantemente tante delle cose che capita a chiunque di osservare ogni giorno. La fantasia vera e propria può semmai essere utile per unire il tutto in un unicum ordinato e considerabilmente logico quale è uno scritto, un romanzo, ma appunto la realtà quotidiana è un contenitore inesauribile di stranezze d’ogni sorta, che uno sguardo attento può cogliere senza troppo sforzo.
Se credo a quelle cose? Dunque, agli UFO crederei ma in effetti la penso come Tizio Tratanti, ovvero che una razza aliena talmente avanzata da saper costruire astronavi in grado di viaggiare nello spazio intergalattico non può essere così stolta da contattare una razza idiota come quella terrestre. Ai cani che parlano ovviamente no, non ci credo, e me lo ha confermato pure il mio cane stamattina, negando la cosa con innegabile eloquenza. Alle capre espiatorie certo che ci credo! Se non esistessero, l’umanità si sarebbe estinta da un pezzo!
Il sequel? Certo che è arrivato! A breve tu e i lettori del blog avranno modo di conoscerlo per bene!

Il tuo libro è scritto tutto d'un fiato: senza capitoli, con lunghi periodi, grandi punteggiature. Cosa e chi pensi possa aver influenzato il tuo modo insolito di scrivere?

Eeehi! Modo insolito di che? Umpff... Ma pensa te se è il modo di... Ehi, tu che leggi, ma ti pare che io scriva in maniera insolita? Sì, te, dico a te! Uff...
Il mio modo di scrivere potrebbe essere quello di un tipo piuttosto originale che legga D’Annunzio mentre la frittata che sta cucinando gli si rovescia sul pavimento di casa. Il che non significa che io sia così, anche perché non mangio abitualmente frittate! Ma è certamente una scrittura che prova a mettere su carta il flusso costante dei pensieri di una mente “attiva” – nel bene e nel male – insieme ai vari stati d’animo che quei pensieri possono generare, senza perdere di vista l’origine dello scrivere bene e nel contempo cercando una forma scritta quanto meno particolare e insolita, se non “originale” (ma questo non sta certo a me affermarlo) la quale non faccia essere il lettore meramente tale, ma che invece lo coinvolga in qualche modo non tanto nella storia quanto nella mente del personaggio che di quella storia è protagonista.

Nel tuo libro traspaiono una grande sensibilità e una dolcezza d'animo, che si possono capire da come tu possa credere nell'amore e cercare di perpetrarlo, finché questo non diventi ovviamente un logorio. La tua ragazza quasi perfetta esiste davvero?

Beh, il “credere nell’amore” da te citato mi rende in verità piuttosto scettico non tanto sulla sua reale esistenza quanto sulla effettiva diffusione. Non so, ma a volte ho la netta sensazione che si definisca “amore” qualcosa che non lo è, non del tutto, non sinceramente o ben poco spontaneamente. E forse il “vero” amore è condizione talmente elevata e sublime che a sua volta può rappresentare in molti casi una “perfezione” ben difficilmente raggiungibile... Però sì, la mia ragazza esiste veramente e non è “quasi perfetta”, ovvero non lo è nel senso del libro. In fondo, la perfezione di una persona non è una condizione reale di quella stessa persona (semmai è solo apparente), ma di te che nel mentre l’hai di fronte o accanto dentro ti senti veramente bene, veramente felice. Ecco, se ciò accade, quella persona può ben dirsi per sé stessi “perfetta”, o quasi... Ed è quello che sento io.

Il finale è liberatorio ma anche triste. Sembra quasi che tu avessi delle indecisioni nello sceglierlo. Avevi già in mente il tuo secondo libro, oppure sei uno di quegli scrittori che crede nell'ispirazione e lascia parlare soltanto cuore e spirito?

Uhm, dici? Che pare fossi indeciso? No, in verità il finale è sempre stato quello che si può leggere nel romanzo, e la scelta di concludere in quel modo la storia ma non la vicenda di Tizio Tratanti è nata di pari passo con la scrittura del romanzo e di quel finale, dacché mi sono reso conto che il personaggio non aveva assolutamente raccontato tutto quanto poteva e doveva raccontare, al di là della storia in sé contenuta nel libro. E sì, come detto a breve Tizio Tratanti tornerà a raccontare quanto deve, della sua bizzarra vita quotidiana!
In effetti scrivo molto in base a “ispirazioni” d’ogni sorta, ed è capitato più volte che una certa idea apparentemente strutturata che mi si generasse in mente, durante la scrittura sia stata del tutto stravolta, appunto scegliendo di seguire ispirazioni improvvise e istinti imprevedibili nati e colti al momento... Più che cuore e spirito, o prima di essi, direi che è mia abitudine lasciare correre a briglia sciolta la fantasia con tutto quanto ne può conseguire, ovvero idee brillanti in mezzo a tante altre obbrobriose. Ma lo sai, la fantasia è anarchica, e qualsiasi tentativo di imbrigliarla soltanto verso determinate idee è come mettere in gabbia un uccello migratore sul far dell’Autunno...

Come si può notare nella mia recensione, l'impressione che ho avuto nel leggere il tuo libro, è che il pubblico attuale non sia pronto a uno stile così "diverso". Cosa pensi in proposito? Credi che invece il mio sia stato un giudizio troppo pessimistico?

Beh, più che pessimistico in verità trovo il tuo giudizio quasi lusingante! Penso che il pubblico – il “buon” pubblico dei lettori considerabilmente tali – potrebbe essere pronto per qualsiasi stile, più o meno originale, innovativo o eccentrico; il problema semmai è che il panorama editoriale sempre più spesso impone stili assolutamente poveri di valore letterario, e viceversa assai funzionali a far “cassetta”. Da un certo punto di vista questo è un meccanismo comprensibile e forse inevitabile, d’altro canto ogni stile “diverso”, per poter essere prima o poi accettato, deve necessariamente affrontare il giudizio del pubblico, e prevedere pure tanti dinieghi/dissensi/insulti senza lamentarsene troppo, nel caso.

Trovo la scelta del nome del protagonista geniale, ma non solo. Raccontaci senza remore: cosa trovi di geniale nel tuo libro?

Bella domanda, alla quale non credo di poter rispondere dacché non trovo qui in giro alcun bavaglio sufficientemente grande per le inevitabili sbrodolate... Sai, lodandosi capita... Ma, scherzi a parte (?!), più che trovare eventuali genialità nel libro, vi ritrovo una certa soddisfazione per il lavoro svolto, ovvero il piacere d’aver fatto qualcosa la cui creazione mi abbia, per così dire, appagato. In fondo è questo anche uno degli impulsi che “sfrutto” per scrivere: non penso che quanto sto mettendo su carta possa o debba essere qualcosa che piacerà a poca o tanta gente, ma voglio in primis che piaccia a me, che rileggendolo mi possa dire: ok, magari potevi fare meglio, ma anche questo non è male! E non riuscirei mai a ritenermi seriamente “geniale”: anche quelli che ritenevano la Terra piatta e ne portavano prove certe, credevano di esserlo...

Quanto ti sei divertito a scrivere un libro così fuori dai normali canoni contemporanei? Quanto è importante per te l'impronta del british humor nella scrittura e nella lettura?

Oh, divertito un sacco, per tanti motivi. Perché ho trovato il modo di fissare su carta una pur minima parte delle invenzioni strampalate della mia fantasia, perché scrivere in questo modo è per me un’ottima modalità di fuga, seppur virtuale, dalla quotidianità ordinaria, perché sono convinto che la risata che anche il lettore divertito dal libro può manifestare sia uno stato d’animo ideale per diventare più sagaci del normale, oltre che per stare bene, perchè è divertente appunto rompere gli schemi e i canoni soliti, almeno su carta visto che se fatto ciò nella realtà si viene subito messi al bando...
L’impronta del british humor da te citato è fondamentale, è vero. Sono un cultore di esso e della letteratura umoristica anglosassone moderna e contemporanea, da Wodehouse ai Monty Python, nonché di altri ambiti letterari che hanno nell’ironia una caratteristica peculiare, come la letteratura scandinava. E apprezzo tantissimo la capacità dello humor anglosassone di ridere praticamente di tutto, e di saper rappresentare in profondità e sovente denunciare le realtà del mondo, riuscendo attraverso la risata a approfondirne il senso a volte meglio di prolissi e noiosi saggi filosofeggianti.
“Una risata vi seppellirà”, diceva Bakunin, e aveva ragione. Molto spesso l’ironia e il sarcasmo, cose delle quali gli anglosassoni sono maestri, sono la migliore difesa contro le tante idiozie del nostro mondo...

E per finire, dov'è la tua ragazza "quasi perfetta"? La farai ricomparire? La faranno rinascere i tuoi lettori? La scoveranno i tuoi amici di Facebook?

Oh, bisognerebbe rivolgere questa domanda a Tizio Tratanti, visto che è la “sua” ragazza quasi perfetta e non la mia, come dicevo poco fa, ma di sicuro quell’idiota sarà impegnato in una delle sue numerose demenze quotidiane... O forse no, forse egli stesso è ancora impegnato a scovarla, quella sua ragazza quasi perfetta, e di sicuro ha bisogno dell’aiuto dei lettori, sia nella realtà che sul web, in Facebook o altrove!
Perché affermo questo? Beh, è presto detto: “Cercasi la mia ragazza disperatamente”! Ecco, è il nuovo romanzo del sottoscritto. E di Tizio Tratanti, e delle sue assurde e bizzarre avventure di vita, e del senso di esse, ovvero del senso di certe cose importanti della vita di chiunque... Cercatelo e dategli un occhio: vi potrebbe piacere!

Vorrei ringraziare di cuore Love Books per questa bella e divertente intervista, è stato un onore e un piacere chiacchierare con il blog. Mi auguro che possa divertire anche chi la leggerà e, appunto leggendola, che magari invogli alla lettura anche dei miei libri!

Valentina C.

1 commenti:

Libri e Libretti ha detto...

Complimenti. Un blog sempre più ricco. Anche le interviste.

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Nota

Questo blog rappresenta una raccolta di opinioni personali e pertanto soggettive. Le foto delle copertine sono tutte tratte da web.