Truman Capote - Incontro d'estate


Il primo romanzo di Capote, venuto alla luce solamente dopo la sua morte e pubblicato postumo grazie all'amico "avvocato" Alan Schwartz, che immagina un Capote molto incazzato ma sorridente, che gli punta il dito dicendo: "sei un avvocato molto cattivo!".

Un romanzo vivido che entra nel cuore e che me ne ha ricordati altri, seppur molto diversi e non paragonabili (La bella estate di Pavese, La vacanza di Dacia Maraini, Jules e Jim di Roché), forse per l'atmosfera estiva che traspare, per l'amore per una città che ti entra dentro nelle ossa (una bellissima e sfuggente New York), per la caducità delle bellezze della vita, che a volte sono così belle e inafferrabili che tu non sai proprio come gestirle.



Grady è una ragazza di diciassette anni, figlia di un noto esponente dell'upper class newyorkese, ricca, bella e di profonda intelligenza. Clyde è un uomo che lavora in un parcheggio, di famiglia modesta, e molto più frivolo di quello che possa sembrare. I due si incontrano, quasi per gioco si innamorano, e Grady riuscirà a rimanere a New York da sola tutta l'estate, per lasciarsi andare e poter vivere finalmente questo sentimento. I due ragazzi si incontrano, scoprendosi diversi da quello che pensavano l'uno dell'altra, avvicinandosi con cautela ma umanamente fino a completarsi insieme. O almeno, a credere che possa essere possibile. Clyde si ritrova in un lussuoso appartamento di Manhattan insieme a una ragazza intelligente e sveglia come mai avrebbe creduto, e Grady scopre la genuinità di una classe inferiore, dove  i sentimenti valgono forse più del prezioso vestito di una debuttante. Un amore silente e silenzioso, a tratti disperato, immaturo, ingenuo, riverente come possibile a due giovani ragazzi che si sentono innamorati.

Una fragilità che non è soltanto donna ma che spicca forse più nella figura maschile, contornata da personaggi che devono riempire la vita di chi ha sofferto e sa che soffrirà ancora. Ma Grady non ci sta. Diventa la protagonista indiscussa della vicenda, facendosi portavoce comune di immaturità, incapacità, incoscienza ed infelicità.

Un romanzo tanto vero quanto amaro, con una fine dura che taglia il fiato, ma che lo rende pieno di quel qualcosa che vale la pena di cercare per sentirsi, ancora una volta, vivi. E una New York, una splendida New York che ti sfiora la pelle e te la avvolge di romantica tristezza e malinconia, mostrandosi in tutta la sua penetrante bellezza.

Se questo è il primo, non oso immaginare come possano essere i romanzi più maturi!

"rilassarsi come in un bagno caldo e sicuro"
"la felicità è relativa"
"essere altrove gli sembrava sempre una perdita di tempo"
"e un giorno tu e io metteremo piede sulla luna"
"la frenetica disperazione che può evocare una città!"
"se il passato lo conosciamo, e il presente lo stiamo vivendo, è possibile che in quei momenti si sogni il futuro?"
"quante energie sprechiamo per indurirci in vista di crisi che poi di solito non avvengono!"
"tutti toccavano le sue corde troppo forte, e i suoni che lei emetteva di rimando erano troppo rumorosi"
"se solo il telefono avesse squillato. Forse squillerà se non lo guardo"
"la maggior parte della vita è così noiosa che non vale nemmeno la pena di parlarne, e ciò è vero a qualsiasi età"
"quindi rimasero semplicemente là, appesi l'uno all'altra"
"non si lasciano le persone, si lascia solo se stessi"

1 commenti:

claudia garage ha detto...

interessante la scelta di cominciare proprio da questo! presto mi lancerò anche io alla scoperta di Capote ;-)

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Nota

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